EMANUELE & OLINALDA - LA VITA È L´ARTE DELL´INCONTRO

A VIDA É A ARTE DO ENCONTRO

Tuesday, June 27, 2006

GIUSEPPE UNGARETTI

Poeta della parola e dell'universo, cattolico, innamorato a ottant'anni, amante della vita come lo è un bambino...
amo questo poeta perchè, seppure alla lontana, è mio parente (una sorella di suo padre sposò Gaetano Gagliardi, fratello del mio avo Luigi), lo amo perché non ha avuto vergogna di mostrarsi fragile; di dirsi cristiano mentre l'elìte intellettuale si sforzava di mostrarsi laica e, possibilmente, di sinistra; di innamorarsi a 80 anni di una ragazza di 28; di preferire l'amore alle glorie pubbliche («Montale è senatore e Ungaretti fa all'amore», scherzava quando il laico rivale fu fatto senatore a vita e lui, per la sua Fede e per non essersi mai dichiarato antifascista, si era visto anche sfuggire un più che meritato Premio Nobel)...
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Giuseppe Ungaretti nasce ad Alessandria d'Egitto l'8 febbraio 1888. La famiglia, di origine contadina, aveva lasciato la Lucchesia per seguire Antonio Ungaretti, il capofamiglia, il quale aveva trovato lavoro come sterratore presso il canale di Suez. Nel 1890 perde il padre e, insieme al fratello Costantino di otto anni più grande, viene allevato dalla madre, donna energica e molto religiosa che gestiva un forno di proprietà del marito alla periferia della città. In famiglia c’è anche Anna, una vecchia croata: le vicende fantasiose e esotiche, sulla base dei suoi trascorsi avventurosi, che ella racconta si imprimono definitivamente nella memoria del futuro poeta. L'abitazione degli Ungaretti si trova ai limiti del deserto e la sensibilità di Giuseppe resta segnata dai silenzi, dai suoni misteriosi, dai colori di questo paesaggio favoloso e primitivo. Presso l’Ecole Suisse Jacot, compie gli studi liceali e conosce Mohammed Sceab, un giovane arabo di cui diviene amico fraterno. Si avvicina alla conoscenza della letteratura europea, legge ed ama Baudelaire, Mallarmè, Lafourge ed in particolare Giacomo Leopardi. La sua è una formazione dilettantesca, fuori dagli schemi culturali ed accademici tradizionali.
Nel 1912 lascia l’Egitto, soggiorna a Firenze e poi si trasferisce a Parigi, all'epoca capitale della cultura verso cui naturalmente convenivano intellettuali ed artisti di tutta Europa e nella quale venivano elaborate e promosse le teorie artistico-letterarie più avanzate ed avanguardistiche. Nel 1914 torna in Italia, in Versilia, quando in Europa è già scoppiata la I guerra mondiale e l'opinione pubblica è divisa tra neutralisti ed interventisti. Ungaretti è interventista. Si trasferisce a Milano dove insegna francese in una scuola secondaria in attesa di essere chiamato alle armi. Nel corso di questi avvenimenti conosce Mussolini, che aveva da poco lasciato L'Avanti!, giornale socialista, per fondare Il Popolo d'Italia.
Nel maggio 1915 l'Italia entra in guerra contro l'Austria-Ungheria e la Germania. Ungaretti è inviato sul fronte del Carso. La tragica esperienza della vita di trincea trasforma profondamente la sua idea della guerra e la stessa poesia. Attraverso versi carichi di intenso dolore si scopre essere fragile, nudo di fronte alla morte e si sente spinto ad attaccarsi alla vita, al bisogno di spezzare con l'umanità dei sentimenti e la forza della poesia il silenzio che circonda la vita umana. Ungaretti esprime tutto questo nella forma inedita dei versi franti, in cui le parole sono separate da lunghe pause, dallo spazio bianco della pagina nella totale assenza di punteggiatura, sotto la forma esteriore di un diario di trincea. Nasce un modo nuovo di far poesia. Per tutto il 1916 resta al fronte e nel corso dello stesso anno Ettore Serra, un tenente suo amico amante della poesia, cura a Udine la pubblicazione delle prime liriche nate da questa esperienza sotto il titolo Il Porto Sepolto. Successivamente questo nucleo poetico si accresce di nuove liriche fino a formare una raccolta che nel 1919 lo stesso Serra fa pubblicare col titolo Allegria di Naufragi presso l'editore Vallecchi di Firenze. Sempre nel 1919 Ungaretti sposa la francese Jeanne Dupoix, che gli starà a fianco per tutta la vita, fino alla morte nel 1958. La coppia avrà due figli: Ninon, nel '25, e Antonietto, nel '30. Nel 1920 si stabiliscono definitivamente in Italia.
La vita in città è troppo cara e si stabilisce con la moglie a Marino, paesino laziale immerso ancora in una natura vergine ed incontaminata. Sul piano degli interessi letterali entra in rapporto con i redattori de La ronda e ne diviene collaboratore. Nel 1923 appare a La Spezia una nuova edizione del Porto Sepolto, con prefazione di Benito Mussolini. Nel 1928, in occasione di una visita a Subiaco, cittadina a settanta chilometri da Roma, presso un amico benedettino, trovò sfogo alle inquietudini esistenziali accostandosi, sia pure a suo modo, alla religione cristiana. Un cristianesimo inquieto, che fa passare in secondo piano le tematiche affrontate nelle liriche dei primi anni venti, per interrogarsi sulle contraddizioni profonde insite nell'animo umano, tra aspirazione all'assoluto e coscienza del peccato legato al perseguimento di fini terrestri, fallaci. Nel 1929, dopo tanti anni, rivede la madre, giunta a Roma in occasione del Giubileo Sacerdotale del Papa, la quale morirà l'anno dopo. In ricordo di lei Ungaretti scrive la lirica La madre, caratterizzata da un commosso accento cristiano, che sarà inserita nella raccolta Sentimento del tempo, pubblicata nel 1933 presso Vallecchi. La sua fama presso i poeti della generazione più recente aumenta: è riconosciuto come uno dei padri, se non il più significativo rappresentante, della lirica moderna, novecentesca.
Nello stesso anno in occasione di un viaggio in Argentina, il Pen Club lo invita ad accettare la cattedra di letteratura italiana presso l'Università di San Paolo in Brasile. Gli anni brasiliani gli lasciano il ricordo di una natura smisurata nelle forme e nei colori, ma sul piano poetico danno scarsi frutti. Il suo impegno maggiore è assorbito dalle lezioni di letteratura italiana, in cui si accosta con grande originalità interpretativa ad alcuni tra i maggiori scrittori. Nel '39, improvvisamente, muore il figlio Antonietto di soli nove anni, a causa di una appendicite mal curata. Ungaretti non sa da pace: il dolore vivo di questa tragedia gli fa scrivere Gradisti:soffoco, poesia molto privata che egli non si sentirà di rendere pubblica prima del '52, quando verrà inclusa in Un grido e paesaggi. Scoppia, frattanto, la II guerra mondiale. Il 10 giugno 1940 anche l'Italia vi prende parte ed un paio di anni dopo il Brasile si schiera contro l'Asse Roma-Berlino. La famiglia Ungaretti è costretta a scegliere tra l'internamento in un campo di concentramento o il ritorno in Patria. Nel 1942 ritornano a Roma, dove, a mitigare parzialmente la forza degli eventi sfavorevoli, sopraggiunge la nomina «per chiara fama» di Ungaretti alla cattedra di Letteratura Italiana moderna e contemporanea presso l'Università. Torna a scrivere per esprimere il dolore ancora vivo per la morte del figlio in Giorno per giorno e la sua partecipazione a quello collettivo in Roma occupata. Nel 1942 inizia l'edizione definitiva dell'Allegria la pubblicazione di tutte le sue opere presenti e future presso Mondadori sotto il titolo complessivo Vita d'un uomo. Titolo che evidenzia la volontà di stabilire una coincidenza profonda tra la propria vicenda biografica e le scansioni delle diverse stagioni della produzione lirica. La natura del poeta non è scindibile, secondo questa idea, da quella dell'uomo e viceversa: la poesia,anzi è ciò che delle vicende biografiche coglie il senso, il significato umano più vero e profondo.
Nel 1947 Ungaretti pubblica Il Dolore, riunendo sotto questo titolo Giorno per giorno, Roma occupata e altre liriche scritte negli anni della guerra. Riprende il lavoro attorno a La terra promessa (abbandonato nel lontano '35) con in più l'esperienza umana espressa nella terza raccolta e l'acquisizione di un nuovo stile, una specie di barocco linguistico, maturato all'ombra delle prose e delle traduzioni. In maniera volutamente frammentaria, abbandonata l'idea della forma melodrammatica, questa quarta raccolta esce nel 1950. Nel 1952 è la volta di Un grido e paesaggi, che raccoglie, oltre a Gridasti:Soffoco, un originale Monologhetto scritto per la Rai in occasione del capodanno 1951 e poesie diverse di minore importanza. L'attività prevalente dei primi anni '50 è l'insegnamento. Leopardi, Petrarca, il Manzoni degli Inni sacri, i Crepuscolari sono oggetto di una originale rilettura da parte del poeta, intento ad auscultarne gli echi linguistici e musicali più riposti. Nel '58, si ritira dall'insegnamento, a 70 anni. Nello stesso anno muore la moglie. Nel 1960 pubblica Il taccuino del vecchio, con Gli ultimi cori per la Terra promessa e la poesia Per sempre, dedicata alla moglie. Ormai più che famoso, gli vengono dedicati numeri speciali di riviste letterarie, premi letterari, interviste. Per vincere la solitudine, riprese a viaggiare. Nel '64 tiene un ciclo di lezioni negli Stati Uniti, presso la Columbia University. La sua stagione poetica sembra conclusa, non scrive nulla per diversi anni, a parte quattro frammenti poetici, Apocalissi del '61. Poi, nel 1966, in occasione di un viaggio in Brasile, incontra la ventottenne poetessa Bruna Bianco. Ne nascono poesie d'amore di incredibile freschezza: nove liriche che in edizione semiprivata saranno pubblicate nel '68 col titolo Dialogo, assieme ai Proverbi. Seguiranno, infine, i tre frammenti di Nuove, del 1969, le sue ultime poesie. L'ultima di queste, L'impietrito e il velluto, scritta a capodanno del 1970 e dedicata a Dunja, una ragazza croata che lo accompagna negli ultimi mesi di vita e nella cui immagine è il ricordo di Anna, la vecchia croata delle sue fantasie infantili. Sempre nel 1969 esce l'edizione definitiva e completa delle sue poesie, Vita d'un uomo: tutte le poesie, a cura di Leone Piccioni. Nel 1970, nel corso di un ulteriore viaggio negli Stati Uniti, si ammala. Tornato in Italia per curarsi, muore a Milano tra l'1 e il 2 giugno 1970, si dice nell’alcova di una donna.
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Tre poesie di Ungaretti

Nell'anno del suo ritorno alla fede cattolica
LA PREGHIERA
Come dolce prima dell'uomo
Doveva andare il mondo.
L'uomo ne cavò beffe di demòni,
La sua lussuria disse cielo,
La sua illusione decretò creatice,
Suppose immortale il momento.
La vita gli è di peso enorme
Come liggiù quell'ale d'ape morta
Alla formicola che la trascina.
Da ciò che dura a ciò che passa,
Signore, sogno fermo,
Fa' che torni a correre un patto.
Oh! rasserena questi figli.
Fa' che l'uomo torni a sentire
Che, uomo, fino a te salisti
Per l'infinita sofferenza.
Sii la misura, sii il mistero.
Purificante amore,
Fa' ancora che sia la scala di riscatto
La carne ingannatrice.
Vorrei di nuovo udirti dire
Che in te finalmente annullate
Le anime s'uniranno
E lassù formeranno,
Eterna umanità,
Il tuo sonno felice.
1928
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Dedicata a Bruna Bianco
STELLA
Stella, mia unica stella,
Nella notte sola,
Per me sola rifulgi;
ma, per me, stella
Che mai non finirai d'illuminare
Un tempo ti è concesso troppo breve,
Mi elargisci una luce
Che la disperazione in me
Non fa che acuire
da «Dialogo» (1966-1968)
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L'ultima poesia
L'IMPIETRITO E IL VELLUTO
(Roma, notte del 31 dicembre 1969 - mattina del 1° gennaio 1970)
Ho scoperto le barche che molleggiano
Sole, e le osservo non so dove, solo.
Non accadrà le accosti anima viva.
Impalpabile dito di macigno
Ne mostra di nascosto al sorteggiato
Gli scabri messi emersi dall'abisso
Che recano, dondolo nel vuoto,
Verso l'alambiccare
Del vecchissimo ossesso
La eco di strazio dello spento flutto
Durato appena un attimo
Sparito con le sue sinistre barche.
Mentre si avvicendavano
L'uno sull'altro addosso
I branchi annichiliti
Dei cavalloni del nitrire ignari,
Il velluto croato
Dello sguardo di Dunja,
Che sa come arretrarla di millenni,
Come assentarla, pietra
Dopo l'aggirarsi solito
Da uno smarrirsi all'altro,
Zingara in tenda di Asie,
Il velluto dello sguardo di Dunja
Fulmineo torna presente pietà.

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